L’epatite B è una malattia seria del fegato che può cronicizzare e portare nel tempo a cirrosi e tumore; può essere prevenuta con la vaccinazione

Che cos’è l’epatite B?

L’epatite virale B è un’infezione del fegato causata da un virus a DNA appartenente al genere degli Orthohepadnavirus della famiglia degli Hepadnavirused. E’ uno dei virus più infettivi al mondo. Si trasmette attraverso l’esposizione a sangue infetto o a fluidi corporei come sperma e liquidi vaginali. Inoltre l’epatite B può essere trasmessa dalla madre infetta al neonato.

La malattia provoca un’infezione acuta del fegato, che può evolvere in 4 modi diversi, a seconda delle condizioni immunitarie del paziente:

  • completa guarigione con acquisizione dell’immunità dall’infezione (circa il 90% dei casi)
  • epatite fulminante con mortalità del 90%; può richiedere il trapianto di fegato
  • infezione cronica (5-10% dei casi), ossia persistenza del virus nell’organismo con danno epatico; in questo caso la malattia ha un andamento cronico e può compromettere la funzionalità epatica nel giro di 10-30 anni con l’eventuale insorgenza di cirrosi epatica o di carcinoma epatocellulare primitivo (di solito dopo che è già presente la cirrosi)
  • stato di portatore inattivo: il virus persiste nel fegato ma non provoca danno epatico; può rimanere in questo stato anche tutta la vita, senza arrecare danni nemmeno a lungo termine. È anche poco contagioso per gli altri.

Come si trasmette l’epatite B?

Il virus dell’epatite B è molto resistente e si trasmette venendo a contatto con liquidi biologici, quali sangue e suoi derivati, sperma e liquidi vaginali infetti; la trasmissione può avvenire anche da madre infetta al bambino al momento del parto.

La persona può contagiarsi con trasfusioni di sangue o emoderivati contaminati dal virus, ma più frequentemente mediante siringhe, aghi, strumenti e apparecchiature sanitarie non adeguatamente sterilizzate (agopuntura, tatuaggi, cure dentarie, manicure ecc.) o anche con uso di spazzolini da denti, rasoi, forbici di soggetti infetti.

La persona malata è contagiosa nella fase acuta, ma se la malattia diventa cronica (portatore cronico di HBV), il virus continua a replicarsi e la persona resta infettiva.

Sintomi e segni

L’epatite virale B può decorrere in maniera asintomatica, soprattutto nei bambini.

L’incubazione della malattia dura 2-6 mesi dall’infezione. I sintomi caratteristici possono esordire in modo più o meno grave.

La malattia si manifesta con la comparsa di inappetenza, malessere generale, dolore muscolare, febbre e nausea.

Dopo qualche giorno compare l’ittero, cioè la presenza di colorito giallognolo della pelle, dovuto alla aumentata concentrazione di bilirubina nel sangue a causa della diminuita funzionalità del fegato.

Anche le sclere (la parte bianca dell’occhio) possono tendere al colore giallo.

Altro segno caratteristico di malattia in atto è il colore delle urine, che si presentano scure come marsala, sempre per la presenza della bilirubina mentre le feci sono chiare.

Complicanze

Nella maggior parte dei casi la malattia guarisce e nel sangue rimane la presenza di anticorpi anti-virus dell’epatite B, che testimoniano l’avvenuta infezione.

In un certo numero di casi, però, per fattori non ancora chiariti, il virus continua a replicarsi e a produrre particelle infettanti chiamate “antigeni” (HBsAg, HBeAg), gli anticorpi protettivi non si formano, e in tale situazione il soggetto può trasmettere l’infezione ad altre persone, la sua malattia può cronicizzare ed evolvere verso quadri clinici di grave compromissione epatica.

In questi casi è importante eseguire periodicamente, sotto controllo medico, esami della funzionalità epatica.
Non sono rari i casi in cui un soggetto scopra di essere positivo per gli anticorpi anti-HBV (indice di guarigione) o per gli antigeni (indice di replicazione virale e di potenziale infettività) e non ricordi di aver mai avuto l’epatite virale B.

Ciò è possibile perché, per fattori non ancora chiariti, l’epatite virale B non sempre si manifesta con i classici sintomi e decorre in modo inapparente.

Come si diagnostica l’epatite B?

Dal momento che molti soggetti non sviluppano una sintomatologia classica, la diagnosi di epatite B si affida soprattutto agli esami del sangue. Non è raro infatti scoprire di avere l’epatite B, o di averla avuta in passato, solo grazie a esami del sangue effettuati per caso, ad esempio in occasione di una donazione del sangue.

Gli esami disponibili per diagnosticare l’epatite B sono: ricerca degli antigeni specifici e/o degli anticorpi virali.

Nell’epatite virale risultano alterati anche altri parametri ematici, come gli enzimi epatici (GOT o AST e GPT o ALT), la fosfatasi alcalina, la bilirubina, le gammaGT, le proteine sieriche, il tempo di protrombina etc.

Esistono, infine, altri markers specifici di infezione, acuta o cronica o di avvenuta vaccinazione.
Si consiglia di rivolgersi al proprio medico per approfondire gli accertamenti.

Terapia

Il trattamento dell’infezione acuta da HBV è in gran parte di supporto e non serve terapia specifica soprattutto per la possibilità che il nostro organismo ha di eliminare spontaneamente il virus.

Alcuni consigli per favorire una rapida guarigione:

  • riposo a letto per alcune settimane
  • evitare l’assunzione di farmaci
  • osservare una dieta leggera, ricca di liquidi
  • limitare il consumo dei grassi
  • preferire zuccheri e proteine
  • evitare le bevande alcoliche.

Nei pazienti con epatite B cronica, la cura con i farmaci è finalizzata a migliorare la qualità della vita e la sopravvivenza, prevenendo la progressione della malattia verso la cirrosi, l’insufficienza epatica e il tumore. Ciò può essere ottenuto se si riesce a sopprimere la replicazione del virus.

I farmaci attualmente approvati in Italia per il trattamento dell’epatite cronica B, possono essere prescritti solo da centri ospedalieri o universitari.

Prevenzione e vaccinazione

Per prevenire l’epatite virale B esiste una vaccinazione sicura ed efficace.
Il ciclo vaccinale, come da calendario vaccinale, consiste in tre somministrazioni, al 3°, 5° e 11° mese di vita del bambino. Non sono necessari ulteriori richiami. Per i nuovi nati di solito viene utilizzato il vaccino esavalente, che, oltre a proteggere dall’epatite B, previene anche la difterite, la poliomielite, il tetano, la pertosse e le infezioni invasive da Haemophilus influenzae B.
Nei neonati da madre positive la prima dose si somministra entro le prime 12-24 ore di vita, contemporaneamente alle Ig specifiche. Il ciclo va completato con la seconda dose a distanza di 4 settimane dalla prima; a partire dalla terza dose, che deve essere effettuata dal 61° giorno, si segue il calendario con il vaccino combinato esavalente (5° e 11° mese).

Negli adolescenti e negli adulti si somministrano tre dosi al tempo zero e dopo 3 e 6 mesi.

Dall’introduzione della vaccinazione in Italia (nel 1991) a oggi i nuovi casi di epatite B si sono ridotti dell’80% nei gruppi di età destinatari dell’intervento vaccinale (0-14 e 15-24 anni).

Se c’è la consapevolezza di essere entrati accidentalmente a contatto con il virus è importante chiamare immediatamente il medico. Un trattamento con immunoglobuline specifiche entro le 24 ore dal contagio, abbinato ad una vaccinazione con successivi richiami, può proteggere il malato dallo sviluppo dell’infezione.

La malattia può essere prevenuta, comunque, adottando corretti comportamenti quali:

  • usare il preservativo nei rapporti sessuali con partner sconosciuti o portatori di HBsAg
  • evitare lo scambio di siringhe usate
  • evitare lo scambio di oggetti personali quali spazzolino da denti, forbicine, rasoi, tagliaunghie, siringhe riutilizzabili
    in caso di tatuaggi, fori alle orecchie o in altre parti del corpo (piercing), pratiche estetiche che prevedano l’uso di aghi, accertarsi delle condizioni igieniche dei locali in cui vengono eseguiti e pretendere l’uso di aghi usa e getta
    esistono, inoltre, precise indicazioni per gli operatori sanitari da adottare nell’assistenza ai pazienti per evitare il contatto con il sangue e i liquidi biologici eventualmente infetti.
    Lo screening dei donatori di sangue ha ridotto la probabilità di contrarre l’infezione attraverso la trasfusione di sangue.

 

Fonte: http://www.salute.gov.it/

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