Scarlattina: cause, sintomi, diagnosi e cura

Scarlattina: cause, sintomi, diagnosi e cura

La scarlattina è una malattia infettiva acuta causata dallo Streptococco beta-emolitico del gruppo A, batterio che produce la tossina pirogenica in grado, a sua volta, di scatenare l’esantema e gli altri sintomi caratteristici della malattia.

Colpisce prevalentemente i bambini di età compresa tra i 3 e 12 anni ed è invece più rara nei lattanti e negli adulti.

Quando si parla di scarlattina, tanti genitori vogliono sapere come si prende, come si riconosce, quando è contagiosa e come si cura.

E noi siamo qui per rispondere a tutte queste domande.

 

Come si prende la scarlattina 

La scarlattina si trasmette per via aerea attraverso le goccioline di saliva rilasciate da un bimbo malato o portatore del germe.

Tuttavia, lo Streptococco beta-emolitico del gruppo A sopravvive nell’ambiente e dunque la malattia si può anche contrarre, per via indiretta, entrando in contatto con oggetti contaminati.   

 

Scarlattina quando è contagiosa? 

In linea generale, la scarlattina ha un tempo d’incubazione compreso tra 1 e 7 giorni, mentre il bimbo è contagioso per 1-5 giorni prima dell’esordio dei sintomi. Rimane tuttavia tale, fino a completa guarigione, e può contagiare chi lo circonda se non gli viene somministrata una terapia adeguata.

Si può evitare il contagio da scarlattina? Assolutamente sì, e per farlo è sufficiente seguire le linee guida emesse dal Ministero della Salute.

In particolare, bisogna:

  1. lavarsi spesso le mani con acqua e sapone dopo aver tossito o starnutito (in assenza di acqua e sapone, si può usare un detergente alcolico);
  2. coprirsi bocca e naso quando si starnutisce o si tira un colpo di tosse;
  3. gettare eventuali fazzoletti usati nella spazzatura;
  4. evitare contatti stretti con persone malate durante la gravidanza;
  5. cambiare spesso aria negli ambienti;
  6. evitare di condividere oggetti come asciugamani, posate, lenzuola e altro ancora.

 

I sintomi della scarlattina 

La scarlattina esordisce improvvisamente quando, dopo 2-3 giorni dall’avvenuto contagio, il paziente inizia ad accusare febbre, dolori addominali, mal di testa, dolore alla gola con deglutizione faticosa, alterazione del battito cardiaco, tonsille ipertrofiche e lingua con patina biancastra.

Dopo 12-48 ore, compare il caratteristico esantema rosso scarlatto caratterizzato da puntini e chiazze rosse che fanno capolino su collo, ascelle e zona inguinale. Segue quindi l’espansione lungo tutto il corpo.

Dopo alcuni giorni, l’esantema regredisce per lasciare spazio a una desquamazione furfuracea caratterizzata dalla formazione di squame piccole, bianche, farinose e poco adese alla pelle.

Contemporaneamente, la lingua si desquama per diventare rosso vivo (lingua a fragola) e con papille ipertrofiche.

Ricordiamoci, infine, che alcuni dei sintomi della scarlattina sono caratteristici di molte altre patologie e, dunque, è lecito domandarsi come riconoscerla la scarlattina.

I suoi segni distintivi sono il caratteristico rosso scarlatto, i puntini lievemente in rilievo sulla pelle e la presenza di chiazze rosse che scompaiono al tatto.

 

E quando non c’è febbre? 

 Talvolta, la scarlattina può presentarsi senza febbre e con sintomi più sfumati o quasi del tutto assenti. In questi casi, il bambino ha contratto la cosiddetta scarlattinetta e le sue condizioni generali sono buone. La febbre non è alta, la faringe è arrossata e il rash cutaneo è lieve.

 

Come si fa la diagnosi di scarlattina? 

 La diagnosi di scarlattina è essenzialmente clinica, ma in caso di perplessità si possono sciogliere eventuali dubbi sottoponendo il paziente a un tampone faringeo e ad esami ematochimici che evidenziano, in modo particolare, un aumento del numero di leucociti neutrofili e degli indici di infiammazione come VES e PCR.

Dopo aver formulato la diagnosi di scarlattina, è indispensabile impostare, quanto prima, adeguate terapie farmacologiche. Pur trattandosi di una malattia molto comune tra i bambini, non si può escludere l’insorgenza di complicanze anche tardive come l’endocardite e la glomerulonefrite.

La tossina pigogenica, entrando in circolo, può infatti essere all’origine di un quadro tossico caratterizzato dal possibile coinvolgimento di muscolo cardiaco, reni, fegato e articolazioni.   

 

Come si cura la scarlattina? 

La scarlattina è una malattia di origine batterica e, in quanto tale, deve essere curata con antibiotici (penicillina, amoxicillina, cefalosporina) da assumersi secondo la prescrizione del proprio medico.

Come abbiamo già detto, l’assunzione di questa classe di farmaci è essenziale per eliminare il batterio e scongiurarne la diffusione con possibile insorgenza di complicanze.

Durante la terapia antibiotica, si possono inoltre prendere, sempre su prescrizione, paracetamolo e ibuprofene per fare scendere la febbre e attenuare eventuali dolori.

Ci sono, infine, alcuni rimedi che possono aiutare il bambino a stare meglio.

  • Cibi morbidi e freddi come budini, gelati, yogurt e ghiaccioli per attenuare il mal di gola.
  • Assunzione di liquidi per reidratare il corpo.
  • Umidificazione l’aria per favorire la respirazione.

 

 

E se ad ammalarsi sono gli adulti?

Negli adulti, i sintomi della scarlattina sono fondamentalmente gli stessi e, dunque, mal di gola, eritema cutaneo, febbre e una sensazione generale di dolore.

In questi casi, il consiglio è di rimanere a letto, seguire la terapia prescritta e assumere liquidi.

E se ad essere contagiata fosse una donna in gravidanza? La scarlattina durante la gestazione non espone il feto a particolari pericoli.

Tuttavia, è sempre bene consultare il proprio ginecologo di fiducia perché, se l’infezione dovesse raggiungere il tratto vaginale, si corre il rischio di un parto pretermine. Dunque, in questi casi, si esegue per sicurezza un tampone vaginale ed eventualmente si somministrano antibiotici.

Se ad essere contagiato fosse invece il neonato, sarà sufficiente sottoporlo alle dovute terapie e non insorgeranno complicanze.

 

 

La scarlattina è una malattia infettiva di origine batterica molto frequente nei bambini e più rara in lattanti e adulti. Come confermano i pediatri, il numero dei casi è in aumento, ma i genitori non devono allarmarsi.

In presenza di sintomi sospetti, l’importante è sottoporre il bimbo a un tampone faringeo in modo tale da iniziare, in caso di esito positivo ed entro 10 giorni, la terapia antibiotica atta a eradicare il batterio e scongiurare possibili complicanze.  

 

 

 

 

 

Categories: malattie infettive

Autore

Irene Dallegri